"Nella legge c'è una falla" così mi dice il presidente della Federazione dell'Industria e delle Costruzioni del Sindacato etiope, "la legge sul lavoro prevede il reintegro dei lavoratori licenziati ingiustamente, ma lascia alla direzione la possibilità di optare per la monetizzazione, e così tutte le volte che proviamo ad organizzare il sindacato nelle aziende, i nostri attivisti perdono il lavoro ancora prima di riuscire a stabilire il sindacato".
Lo avevo incontrato perché mi aveva parlato di qualche difficoltà in un cantiere di una azienda italiana che lavora da anni in Etiopia, e volevo capire se era possibile fare qualche cosa chiedendo al sindacato italiano di intervenire con la direzione in Italia .
La chiaccherata poi si sera spostata sulle loro difficoltà ad organizzare i lavoratori in un comparto che sta letteralmente cambiando la fisionomia del paese, dove ogni poco ci si imbatte in un cantiere: dal palazzo a 10 piani alla autostrada a sei corsie fino alla diga è tutto un costruire, e molte delle aziende che operano nel paese sono straniere.
"Con gli italiani i problemi sono minori", mi dice il sindacalista, "è nelle aziende cinesi che non riusciamo ad entrare" e parla della legge sul lavoro, che se appunto vieta i licenziamenti senza giusta causa e in teoria prevede il diritto di associazione sindacale, ha però quella falla...
Ed allora non sorprende se sui cantieri si incontrano capicantiere cinesi che indossano casco ed imbragature di sicurezza, mentre danno ordini a lavoratori locali tutti rigorosamente senza attrezzature di protezione.
Non soprende perché in quella azienda non c'è il sindacato, come non c'è in tanti altri cantieri, anche locali, dove operai ed operaie lavorano su impalcature in pali di legno, dall'aspetto precario e che arrivano fino agli ultimi piani di palazzoni ben più alti dei 4 piani, che la legge stabilisce come limite massimo per quel tipo di impalcatura.
Ho dovuto dirgli che da noi in Italia quella falla non c'era, e ce l'abbiamo messa.
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