19.9.13

Amina e la pennicillina

La giornata era di festa, la delegazione era arrivata nel villaggio dove avevamo appena terminato di costruire quel mulino che avrebbe risparmiato 35 km per andare a macinare le granaglie.

Si perché i cereali costano meno e durano assai più a lungo se non vengono macinati, ed è così che sia chi li coltiva che chi invece deve comprarli o sperare in qualche distribuzione di cibo, ha in casa il suo sacco di granaglie che va a macinare solo quando se ne presenta la necessità.

Ma non tutti i villaggi hanno un mulino, ed è per questo che tutte le volte che ci capitava di chiedere agli abitanti di questo o quel posto cosa fosse nelle loro priorità la risposta era, dopo l'acqua, un mulino.

In quella parte del paese, fino a che non eravamo risusciti a trovare i fondi per costruirne uno, ne erano sprovvisti, e la strada da fare era tanta con quei sacchi sul cammello, per chi se lo poteva permettere, ma anche in spalla, potendo solo sperare in qualche mezzo del governo che passasse da quella strada che definirla tale era un eufemismo, considerato l'ammasso di lava e pietre che rendevano il percorrerle un azzardo se non provvisti di almeno un paio di ruote di scorta sul tetto.

Ma quel giorno era appunto di festa e dopo la cerimonia e dopo il pranzo le 4x4 erano ben allineate al centro del villaggio in attesa di ripartire dopo il rientro di una parte della delegazione che si era spinta un'oretta di fuori strada più in la, a visitare un sito paleontologico di rara bellezza, dove pareva che nulla fosse cambiato nei 200,000 anni precedenti...

Ad un tratto l'infermiere del villaggio, un giovane mandato la a fare il servizio militare e che aveva come uniche dotazioni le gambe, una radio e qualche medicinale, chiese al capo delegazione di seguirlo e lo portò in una capanna dove una madre stringeva fra le braccia Amina, la figlioletta di 2 anni, in preda ai deliri di una febbre altissima e per la quale l'infermiere non aveva medicine adeguate.

Il capo delegazione chiese subito dove fosse il punto salute più vicino ed immediatamente con l'autista  caricarono mamma e bambina sulla 4x4 e tre ore dopo, percorsi i 35 km che separavano l'insediamento dal villaggio più grande, la bambina venne presa in cura da un dottore che le somministrò i farmaci necessari a far scendere la febbre e affrontare l'infezione.

Il capo delegazione, al tempo un amministratore locale, tornato in Italia ed inizia cercò i fondi per far si che in quel villaggio e quell'infermiere, e chi sarebbe venuto dopo di lui, non si trovassero privi di medicinali che in Italia sono quasi da banco e che in quei luoghi remoti di quel paese erano un lusso.

Un giorno raccontai questa storia ad A. un amico che lavorava per una associazione che aveva messo in piedi alcune iniziativa assai meritevole per  bambini affetti da patologie, e che ogni tanto organizzava un viaggio di qualche bambino in Italia.

Fu allora che A. mi parlò dei suoi dubbi, e mi disse della notte in cui dovette andare a prendere un bimbo che rientrava dall'Italia dopo essere stato sottoposto ad un intervento cardiaco che gli aveva salvato la vita.

Quella notte la hostess che accompagnava il bimbo (il parente più stretto uno volta arrivato in Italia si era dileguato) gli consegnò una busta piena di medicinali e le istruzioni, e questi medicinali andavano presi ogni giorno, ed una volta ogni 15 giorni il bimbo doveva fare delle analisi che verificassero la fluidità del sangue, ed in base alle analisi proseguire con i medicinali o dimezzare la dose.

Ed il bambino abitava in un villagetto sperduto a 450km dal luogo più vicino dove fare quelle analisi.

Insomma, A. aveva l'ipressione che  l'intervento che sicuramente, e giustamente, aveva riempito di orgoglio l'associazione, l'ospedale che aveva operato il bambino, e gli amministratori che avevano autorizzato l'operazione, aveva tuttavia prolungato solo di qualche mese la vita di quel bimbo, e non aveva cambiato nulla in una realtà dove probabilmente sono dozzine le Amine morte per mancanza di pennicilina o sulfamidici.

E' un dibattito annoso, qua un articolo di qualche tempo fa che metteva in dicussione un progetto di Emergency, che almeno rispetto alla storia raccontata da A. ha il pregio di operare, rispetto all'Italia, più vicino ai luoghi dove risiedono i potenziali beneficiari.

PS La storia è di qualche anno fa, e magari da allora le cose sono cambiate. Manco da qualche anno da quei luoghi e a volte mi piace immaginare che oggi Amina e le sue amiche siano a scuola, e che anche nel luogo più remoto non sono più mancati i farmaci salvavita.  


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