6.8.13

La realtà non è un reality show

La prima volta che ho letto di "the Mission" ho pensato che fosse una classica bufala estiva, una di quelle notizie un po' strampalate di cui abbonda l'estate.

Ma sembra non sia così.

Da quello che leggo l'obbiettivo delle organizzazioni che avrebbero collaborato con la RAI è quello di dare maggiore visibilità al lavoro dei tanti che operano nel mondo della cooperazione, portando in prima serata un tema di cui sentiamo parlare solo in poche righe a corollario della notizia relativa a questa o quella guerra o emergenza umanitaria.

Ma il fine giustifica davvero il mezzo? Perché non stiamo parlando di un documentario, o di una serie di trasmissioni con dibattito, i programmi sono presentati nel format del "reality show". Un format che ha provato ad utilizzare tutti gli sfondi possibili ed immaginabili per le sue riprese e che dopo "la casa del grande fratello", "l'isola dei famosi", "la fattoria e c. adesso utilizerebbe i campi profughi come set.

E anche se gli ideatori del programma sostengono che non si tratterà di un reality ma di un docu-film, mi chiedo se davvero non sia possibile andare oltre al modello "celebrità che visita il campo profughi" per accendendere i riflettori sul tema? E poi che dire, il mondo anglosassone manda a spasso Angelina Jolie, Clooney e Bono e noi rispondiamo con Al Bano, Emanuele Filiberto e Cucuzza...

Perché secondo me per cambiare davvero le cose nella percezione, non serve accendere per l'ennesima volta dei riflettori che usano le vittime come comparse in un film di cui i nostri cosidetti VIP sono gli attori, ma una volta tanto iniziare a presentare queste persone, e non come "le vittime", ma come Ahmed, Biniam, Saba, Amina, ognuna di loro con la sua vita, i suoi sogni ed i suoi diritti.

C'è una petizione online che chiede di bloccare la messa in onda, io l'ho firmata.