lunedì 21 gennaio le agenzie battono la notizia di un possibile golpe ad Asmara, con soldati che avrebbero preso il possesso del ministero dell'informazione e ordinato allo speaker di leggere un comunicato.
Il giorno dopo le stesse agenzie parlano del fallimento del tentativo e della resa dei 200 soldati protagonisti. Fine della notizia.
Di questi il mio preferito è il titolo della Stampa, che piazza Nairobi (Kenia) nel bel mezzo di un evento in corso a 1500 km di distanza.
E poi le mail di vecchi amici degli anni passati ad Asmara, tutti alla frenetica ricerca di qualche informazione in più.
Ed infine i commenti zeppi delle stesse parole, anche quelle riprese dalle quattro righe dei primi lanci di agenzia, e magari da qualche commento al volo di vecchi esperti di cose del corno d'Africa, un po' arrugginiti nelle loro conoscenze per la lunga assenza in quella parte del mondo.
(A titolo di cronaca vanno registrati anche i commenti che negano essere successo alcun ché al ministero dell'informazione e che addebitano la notizia più ai desideri di un paio di giornalisti ostili che alla verità...)
Quello che colpisce però della maggior parte di questi commenti è la difficoltà ad inquadrare il presente del paese. Lo stato d'animo delle varie fasce di popolazione, il futuro del paese e, visto l'epilogo, degli insorti.
Mi raccontava una persona rientrata da poche settimane in Italia, che nelle cartolerie di Asmara si trovava di nuovo in vendita la Costituzione approvata nel 1997 e mai resa operativa: il suo testo stampato era disponibile fino a circa il 2003/4, poi non c'erano state più ristampe. Che la voglia di Costituzione non sia limitata ai 200 che hanno invaso il ministero dell'informazione?
E come interpretare poi l'ennesimo rimpasto ministeriale di qualche settimana fa, con l'immissione di qualche ministro non sempre troppo tenero con il governo? e già, perché negli anni in cui sono stato ad Asmara ho sempre avuto l'impressione che non fosse vera l'idea di un paese dove non era consentita in alcun modo la critica. Quello che veniva perseguita, ed in modo pesantissimo, era invece la costruzione di una opposizione organizzata al governo, volta volta definita come antipatriottica, asservita al nemico, fatta da traditori.
Ed assieme a queste invece le informazioni che mi arrivavano di corrente elettrica razionata ed intere giornate senza acqua, che raccontavano di un paese che non riusciva a mantenere l'impegno di una autarchia che non necessitava di compromessi.
Quella autarchia, che per dirla con le parole con cui mi veniva descritta da un amico qualche anno fa, sarebbe servita a dimostrare che l'Eritrea poteva sopravvivere per 10 anni senza aver bisogno dell'aiuto della comunità internazionale, e che pertanto era inutile sperare di forzare il paese in atteggiamenti più accomodanti verso l'Etiopia in merito alle questioni di confine, su cui l'Eritrea aveva, ed ha tuttora ragione.
Quella autarchia che nei piani del governo avrebbe dovuto essere resa più agevole dall'avvio della estrazione dell'oro da parte di una azienda canadese la Nevsun, che ieri si è affrettata a smentire problemi per le loro operazioni in Eritrea mentre le sue azioni subivano qualche contraccolpo in borsa.
Il fallito golpe potrebbe dimostrare di come le tensioni accumulate negli anni stiano invece iniziando a esplodere anche all'interno.
E tuttavia aspetterei prima di dichiarare avviata una "primavera asmarina". In primo luogo perché quello di ieri non è probabilmente il primo episodio di insofferenza all'interno dell'esercito: negli anni che ho passato ad Asmara ogni tanto arrivava notizia di qualche episodio simile qua e la; l'unica (assai rilevante) differenza questa volta sarebbe data dal fatto che si tratta della capitale e che avrebbe bloccato la televisione.
In secondo luogo perché a leggere le dichiarazioni di oggi di esponenti del governo eritreo, la sensazione è quella di un approccio assai cauto. Non credo per i timori del giudizio della comunità internazionale, che non mi pare sia mai stato un deterrente, ma per gli equilibri interni al gruppo dirigente, del quale l'esercito, a cui apparterrebbero i rivoltosi, è da sempre stato una delle colonne.
E mi pare significativo che un sito della opposizione eritrea accrediti il tentativo alla voglia di ripristinare la discussione interna all'esercito sulle riforme.
Insomma, ancora una volta non è dato sapere cosa accadrà domani su quell'altopiano. Perché per fare previsioni occorre non solo sapere cosa accade, ma anche sapere cosa e come pensano i protagonisti degli eventi, e questo in quel paese è sempre stato molto complicato.
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