5.10.12
11 anni di mancata riforma
Era il gennaio del 2001, in quelle settimane il parlamento, di cui era prossimo lo scioglimento, stava discutendo nel chiuso delle sue commissioni, quelle cui ci si rivolge quando si vuole essere certi di una approvazione rapida, la legge di riforma della cooperazione allo sviluppo. E pareva di potercela fare: dopo faticose mediazioni infatti sembrava fossero stati messi d'accordo tutti i soggetti che se ne occupavano: dalle associazioni alle organizzazioni non governative, dai ministeri, alla potente struttura del ministero degli Esteri.
Mi ricordo ancora quando venni a sapere che non se ne faceva di nulla: avevo accompagnato una delegazione alla UTL di Asmara e nel corso dell'incontro il responsabile ci segnalo' come era venuto meno l'accordo destinato a produrre la legge. In sostanza uno o piu' dei vari soggetti appena elencati aveva fatto qualche calcolo ed aveva ritenuto piu' conveniente scommettere sul parlamento e sul governo successivo, parlamento e governo che tutti erano abbastanza certi sarebbe stato di centro destra, dopo un quinquennio di governi di centrosinistra caratterizzata dalla litigiosita' dei componenti della coalizione.
Qualcuni mi sussurro' che fossero state le gerarchie vaticane a scommettere su un Berlusconi attento ad una impostazione della cooperazione che prendesse piu' a cuore l'approccio al tema che da sempre ha avuto il mondo cattolico, un approccio molto centrato sulla tradizione dell'assistenza e con una grande enfasi sul lavoro di volontari caratterizzati da un forte spirito religioso, e che forse desideravano qualche cosa di diverso dalla proposta che stava emergendo, una proposta che aveva come elemento qualificante la formazione di una agenzia governativa addetta a dare un forte impulso alle attivita' di cooperazione, sulla falsa riga di quanto gia' avveniva (ed avviene) in altri paesi.
Ma forse era solo una illazione, ed altri furono gli affossatori dell'ultimo, fino ad oggi, tentativo di arrivare alla riforma del modo con cui l'Italia gestisce la cooperazione internazionale.
Ad esempio l'agenzia, con la sua maggiore indipendenza nella gestione delle risorse, non era probabilmente vista troppo di buon occhio da molti della Farnesina, e del resto non era un caso se nei primi articoli della legge 49/87 allora (ed ancora) vigente si sottolineasse come la cooperazione fosse parte integrante della politica estera del paese. E se parte integrante deve essere, e' comprensibile che chi quella politica la fa, abbia il desiderio di controllarne la borsa e gli sviluppi sul campo.
E nonostante i tentativi di alcuni volenterosi (solitamente addetti ai lavori) che negli anni hanno provato a riproporre il tema, di legge della cooperazione non si e' piu' parlato molto in modo pubblico fino a pochi giorni fa, quando la questione e' tornata alla ribalta dopo il decennio di oblio cui lo avevano condannato la mancanza d'interesse nell'argomento da parte dei governi Berlusconi e delle sue maggioranze, e la vita turbolenta del secondo governo Prodi.
Oggi a leggere le cronache della preparazione alle giornate pare che molti dei nodi siano ancora quelli del 2001. Ed anche i tempi sembrano essere gli stessi ristrettissimi di quell'inverno di undici anni fa.
L'augurio e' che di quelle giornate rimanga molto piu' di un comunicato finale o la notizia che a volte anche Mario Monti ride.
Ed in piu', come fa notare Raffaella Chiodo Karpinsky commentando le giornate, restano ancora molti interrogativi...
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