Quella sera Stefano ci pose un problema diverso dai soliti di cui discutevamo, quando ogni tanto ci incontravamo nella nostra piccola comunità di espatriati in Eritrea.
E per la verità la questione che gli stava a cuore non era nemmeno un problema suo, ma gli era stata esposta qualche giorno prima da un maestro elementare che aveva incontrato a qualche centinaio di km a sud di Asmara, nel corso di una distribuzione di carburante per stufette, combustibile indispensabile per cucinare in quelle zone deforestate e ancora in rovina per il sanguinoso conflitto appena concluso.
"Ei tu, che vieni da lontano, mi aiuti a trovare un modo da cui far capire ai miei alunni che la terra è rotonda?" questa la domanda. E si perché l'orizzonte di quei bambini era circoscritto fra i campi profughi dove si erano rifugiati qualche mese prima, e le modeste abitazioni in cui erano ritornati.
Me lo ricordo Stefano che si ingegnava a trovare una prova. Ad un certo punto gli venne una idea: "li carichiamo tutti su un bus e li portiamo a Massawa a guardare le navi che lasciano il porto, e quando all'orizzonte vedranno scomparire prima lo scafo del'albero, gli diremo che è la prova della curvatura terreste!".
Poi arrivarono altre urgenze, e quel viaggio a Massawa non fu mai organizzato, e chissà se quei bambini, adesso probabilmente assai più grandi, lo avranno poi visto il mare, con il suo orizzonte curvo...
Il problema di Stefano mi ha sempre colpito perché rimanda al tema dei nostri sistemi mentali, con l'insieme di regole, norme ed assiomi che ci aiutano a capire ciò che ci circonda, ma che non necessariamente spiega tutta, e anzi spesso perde di vista aspetti essenziali (per altri) della realtà.
"Ovviamente non stai facendo il giro del mondo, ma stai girando nel mondo" Furono le parole pronunciate da Paul Kruger, allora presidente delle repubblica del Transvaal a Joshua Slocum, il primo navigatore a circumnavigare il mondo in solitario e che fece tappa nel porto di Durban nel 1897. Paul Kruger riteneva, in buona compagnia nei secoli, che la Bibbia fosse una fonte troppo autorevole per essere contraddetta, e che quindi la terra dovesse essere piatta per forza.
Ma se Oom Paul (come lo chiamavano i suoi compatrioti) aveva almeno dalla sua l'essere cresciuto in un contesto come quello del Transvaal della metà dell'800, e simile giustificazione l'avevano i ragazzi incontrati da Stefano, nati a pochi chilometri da un confine conteso e cresciuti su campi ancora da bonificare dalla mine, assai meno spiegabile è che il 46% dei cittadini Usa abbia molti dubbi sulle teorie di Darwin, e che addirittura l'evoluzione sia stata espunta di recente da molti libri di testo pubblicati in Sud Corea per le pressioni dei gruppi creazionisti.
Meno spiegabile ma non meno probabile...questo perché pare esser sempre possibile costruire dei sistemi di opinioni, fedi e comportamenti dotati di una loro coerenza interna che li rende assai impermiabili a suggestioni esterne. Come mostra il proliferare di sette e integralismi di ogni genere.
E questi sistemi sono spesso perfettamente sufficenti per chi li adotta: molti anni fa mi raccontava un amico che lavorava ad Harlem a Manhattan, che molti degli studenti della sua piccola scuola non sapevano di trovarsi su un'isola, non lo sapevano perché non erano mai usciti dal loro isolato, ne pensavano di farlo, essendo quello il loro territorio passato il quale erano in pericolo di imbattersi in bande rivali.
Pare essere quindi questa la sfida maggiore: capire quali sia l'orizzonte da cui partono i nostri interlocutori, capire come nascono le loro convinzioni, e su quali premesse si basino, e capire che anche per noi qualche volta la terra è piatta, e che se tutti viviamo nel nostro isolato, l'importante è saperne uscire ad incontrare il vicino....
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