"Gli zingari dovete emarginarli voi" gridavano i manifestanti qualche giorno fa a Pescara.
I motivi della manifestazione, promossa da un gruppo di tifosi del Pescara calcio, erano legati all'omicidio di un capo della tifoseria locale, per mano di un altro pescarese appartenente alla comunità roma che vive da anni in un quartiere della città.
La vicenda fornisce qualche spunto di riflessioni: intanto il responsabile dell'omicidio si chiama Massimo Ciarelli, un cittadino italiano, ed appartiene ad una comunità che abita a Pescara dagli anni 40.
Il contesto in cui nasce non è quindi quello conseguente ai flussi migratori degli ultimi anni ma quello ben più antico che nella società italiana hanno innervato i rapporti fra comunità roma e sinti e resto della popolazione.
Insomma in piazza a Pescara non c'erano nuovi razzismi ma ben più antichi pregiudizi, gli stessi pregiudizi di cui parlavo qualche tempo fa qui.
Probabilmente la spinta a dividere il mondo in "noi e loro" che sta dietro alla manifestazione di Pescara è connaturata nelle comunità umane, e conseguente alla necessità di individuare rapidamente i possibili pericoli per la sopravvivenza della comunità.
Ed allora il tema è che è la cittadinanza italiana che non è sufficente per definire il "noi" perché i roma di Pescara (e del resto d'Italia) sono rapidamente esclusi dal noi.
E' evidente che nonostante tutti gli sforzi e gli slogan, il principio di cittadinanza è un concetto per molti nebuloso, che spesso viene confuso con quello di appartenenza ad un insieme di culture e consuetudini maggioritarie e che vengono identificate con la cittadinanza.
Ma se le seconde vengono confuse con la prima è assai probabile che il motivo stia tutto nella debolezza della prima. Insomma se non abbiamo chiaro cosa significhi essere cittadini a definirci sarà l'essere volta volta meridionali o padani, bianchi o neri, juventini o interisti, cristiani o mussulmani, insomma via via con le molte identità che ogni persona si porta dietro.
Colpisce poi quell'appello ad emarginare gli zingari, paradossalmente opposto a ciò che più frequentemente si sente dire quando il problema di un insediamento di Roma: "ma loro non si vogliono integrare".
Ma davvero l'integrazione deve essere una funzione della cittadinanza? non sarebbe più giusto ricordare che chi nasce, vive ed opera in un paese ha doveri e diritti che prescindono dal colore della pelle, storia famigliare e cultura e propensione ad essere simpatico ai vicini di casa?
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