18.3.12

Storie dankale


Villaggio di Buya - Eritrea
Una volta, di ritorno da Buya dove seguiva un nostro progetto, Salomon mi raccontò come i vecchi del villaggio gli avessero detto che si era perso per pochi giorni una grande cerimonia di riconciliazione che si era tenuta da quelle parti. 

E proseguì raccontandomi come in quella comunità fosse accaduto qualche anno prima un fatto di sangue, e che il responsabile aveva scontato la pena ed era in procinto di essere scarcerato. 

I vecchi del villaggio temevano che il rientro al paese della persona avrebbe dato luogo ad una nuova serie di tensioni e perciò erano corsi ai ripari, chiamando rappresentanti delle varie famiglie e clan coinvolte per una cerimonia di riconciliazione. 

E' questa una cosa comune nelle culture tradizionali, che in assenza di sistemi legali complessi hanno sempre  sistemi più o meno strutturati di gestione della giustizia, in cui fra le altre cose si prevede comunque anche la possibilità della riconciliazione, perché accanto all'esigenza di giustizia che è propria delle vittime, l'armonia è invece indispensabile alla sopravvivenza di comunità in cui la coesione è uno degli elementi necessari per sopravvivere in ambienti ostili.

Non ci sorprese quindi l'evento, e del resto fra cerimonie, inaugurazioni, visite ufficiali e c. avevamo avuto modo di capire l'importanza che avevano le occasioni conviviali per quel piccolo villaggio di pastori ed agricoltori saho ed afar situato pochi km a nord del vertice superiore della depressione dankala: erano occasioni in cui si macellava una capra e la si cuoceva direttamente su delle pietre arroventate precedentemente nel fuoco e poi si passava il resto del tempo a chiaccherare e bere the.

Quello che invece ci colpì fu che per convocare la riunione il villaggio aveva spedito messaggeri a piedi o a dorso di cammello presso i rappresentanti delle varie famiglie coinvolte e che abitavano in zone anche piuttosto lontane, alcune dall'altra parte del confine con l'Etiopia. Un confine quest'ultimo chiuso oramai da qualche anno e pesantemente controllato dagli eserciti eritrei ed etiopici. 

Cosa che non ne aveva impedito l'attraversamento da parte di emissari e rappresentanti delle varie famiglie abitanti in Etiopia.    

La vicenda dimostrava varie cose:

la prima sicuramente è la forza dei legami fra gli appartenenti a quel gruppo etnico e linguistico. Alcuni commentatori sostenevano che un elemento motivante il nazionalismo eritreo fosse proprio la necessità di costruire una identità più forte delle appartenenze etniche, che in quel paese, come peraltro in gran parte dell'Africa, erano tutte attraversate da confini più o meno arbitrari.

La seconda cosa che mi fece notare la vicenda era una certa forza delle strutture tradizionali del villaggio, anche in un paese con un governo che aveva ed ha un'attenzione al controllo del territorio fortissima. E del resto lo avevamo notato anche in altre occasioni: quando visitavamo il villaggio con qualche autorità governativa a volte quest'ultima si tratteva per un incontro con le autorità tradizionali, ed i toni di voce non erano sempre pacati.

La terza cosa che quel confine, su cui si era combattuta una sanguinosa guerra "vecchio stile", con trincee da prima guerra mondiale e decine di migliaia di morti, era un confine "poroso", come ogni tanto lo definivano i rapporti delle Nazioni Unite. Un confine che veniva attraversato da chi ne aveva motivo, a prescindere dalle volontà degli eserciti che su quella linea si fronteggiavano.

In queste ore quel confine, anche se qualche km più a sud, ha visto invece di nuovo un esercito all'opera. Con un comunicato il governo etiopico ha annunciato di aver attaccato una base militare di un movimento indipendentista afar che, dice il comunicato, in territorio eritreo aveva trovato ospitalità e supporto.

Forse non è la prima volta che questo accade, è sicuramente la prima volta che viene ammesso ufficialmente da quando nel 2000 fu firmato il trattato di pace che mise fine alla guerra di confine fra i due paesi. 

Sicuramente le tensioni fra autorità centrale etiopica e movimenti indipendentisti afar predatano quell'armistizio, e da quel che se ne sa, qualche tensione negli anni gli afar ne hanno avuta anche con il governo di Asmara. E sicuramente le scaramuccie di confine che hanno anticipato la guerra fra Eritrea ed Etiopia sono avvenute in gran parte in quella vasta area, scarsamente abitata ed attraversata dal confine fra Etiopia ed Eritrea che per gli afar da sempre è la loro terra.

Per adesso abbiamo il solito appello alla cautela di Stati Uniti e Francia, un duro comunicato del governo eritreo, che in sostanza dice di non abboccare, e mi immagino molti giornalisti a rinfrescarsi la memoria perché non si sa mai: l'Etiopia insiste.

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