Ogni tanto i mig volavano sul cielo di Asmara, e per la piccola comunità straniera questo evento aveva sovente un che di sinistro.
Oramai era qualche anno che era divenuto difficile capire cosa succedesse nel paese, ne era d'aiuto l'unico giornale in lingua inglese pubblicato tre volte alla settimana dal ministero dell'informazione e che si limitava a riportare i comunicati ufficiali del governo.
Per questo ogni segno di attività militare faceva temere una ripresa possibile di quella guerra che aveva insanguinati i confini del paese solo pochissimi anni prima.
Andando a Massawa accadeva di vedere all'improvviso sorgere un accampamento militare a Ghatelai, qualche decina di kilometri passato Dogali e poco prima che la strada si inerpicasse per Asmara: erano accampamenti transitori eretti ad ogni avvicendamento di truppe fra l'altopiano centrale ed il bassopiano orientale, eppure più di una volta qualcuno pensava che il momento fosse arrivato, magari sorretto nella convinzione dal fatto che riapparivano i posti di blocco militari lungo quella che era la più importante strada del paese.
Volavano i Mig, ed era particolarmente spiazzante vederli sfrecciare mentre il governo razionava carburante ed elettricità, farina e bevande, e quando a volte l'unico modo per ubriacarsi era qualche giro di arechì, un distillato al gusto di anice i cui ingredienti parevano non scarseggiare mai.
Un giorno feci una ricerca per provare a capire perché in mezzo a tante ristrettezze continuavano a volare i Mig, e scoprì che probabilmente non era volontà di far vedere i muscoli, o almeno non era solo quella: pilotare un aereo da combattimento non è come andare in bicicletta, che una volta appreso non si dimentica più: i piloti debbono effettuare ogni anno un certo numero di ore di volo su quell'aereo, tutti i piloti, anche quel gruppo di ucraini che erano arrivati assieme ai mig per fare gli istruttori e che conoscevano a menadito l'apparecchio.
Ed è un costo notevole, non solo perché un aereo da guerra consuma, ma anche perché un aereo si consuma, e dopo un tot di ore ci sono pezzi che vanno sostituiti.
Ci pensavo in questi giorni leggendo qui e qui dei 131 F35 da combattimento ordinati dall'esercito italiano. Non sono soltanto i 15 miliardi di prezzo di acquisto a doverci impensierire, è tutto il resto, dall'addestramento dei piloti, ai pezzi di ricambio, al carburante.
il Parliamentary Budget Officer canadese ha stimato i costi di acquisizione e gestione degli apparecchi, e secondo le loro proiezioni il costo di acquisto è solo un terzo del costo complessivo di gestione. Insomma quello di cui si sta discutendo non è un impegno da 15 miliardi di euro ma da 45.
Siamo un paese in cui non si trovano i soldi per la benzina ed i ricambi delle auto della polizia, davvero vogliamo concederci il lusso di 131 caccia di ultima generazione? mi pare un lusso inutile per un paese che ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
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