"Non usare la lingua dei colonialisti" gridava un manifestante, in francese, all'ambasciatore del Senegal, intervenuto, con un discorso in francese, alla manifestazione di commemorazione di Mor Diop e Modou Samb, i due senegalesi assassinati a Firenze il 13 dicembre 2011.
Il manifestante, giovane, biondo, e con barba trasandata con cura, era apparentemente soddisfatto di aver colto in castagna lo speaker, e si agitava con quella indignazione di chi ha avuto il privilegio di poter scegliersi le cause per cui combattere. Un privilegio concesso spesso a noi "caucasici" ed assai meno frequente in altri luoghi, dove sono le circostanze della vita ad imporre alle persone l'impegno politico.
Non credo che l'ambasciatore fosse particolarmente disturbato dal rilievo, che sospetto non abbia neanche sentito, tanto era lontano il contestatore. Ma neanche i tanti senegalesi vicini al giovane parevano interessati, essendo in quel momento la loro attenzione concentrata sull'ahimé ben più attuale tema della manifestazione.
Tuttavia il modestissimo incidente mi ha dato un certo fastidio, perché vi ho letto un atteggiamento arrogante e presuntuoso, purtroppo a volte presente fra chi guarda al mondo pensando di far del bene.
In primo luogo gli organizzatori avevano chiesto di rispettare il senso della manifestazione, e mettersi ad urlare contro uno degli oratori non è il modo migliore di rispondere all'appello.
Poi la considerazione che è un diritto dei senegalesi di decidere se preferiscono sentire un intervento di un loro concittadino in wolof o in francese e al caso protestare, e non mi pare ci siano state obiezioni, e del resto assieme al wolof, il francese è tuttora lingua ufficiale in Senegal.
Forse il biondo contestatore nella sua furia anticolonialista, si è dimenticato che Frantz Fanon, di cui pochi giorni fa ricorreva il 50 esimo anniversario della morte, e che fu fra i primi a scrivere sui rapporti fra costruzioni culturali e colonialismo, lo fece in francese.
E poi davvero è la lingua solo strumento dell'oppressione coloniale o neo coloniale, o non anche la disponibilità di lingue franche, dal francese all'inglese, dall'arabo allo swaili, uno degli elementi che puà facilitare la ricerca di un terreno comune fra comunità lontane?
Insomma, penso che non siano le lingue ad essere cattive, ma le cose che con queste si dicono, ed è di questo che dobbiamo parlare. Meglio dedicare a miglior causa il proprio furore.
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