7.2.11

Il Tunnel

Siete bloccati dal traffico dentro ad un tunnel, ad un certo punto vedete che la fila accanto alla vostra inizia a muoversi: nonostante il disappunto per il fatto che non sia la vostra fila comunque provate sollievo perché sicuramente fra un po' sarà il vostro turno.
E' la metafora con cui oramai molti anni fa Albert Hirschman spiegava perché le diseguaglianze conseguenti allo sviluppo, anziché creare tensioni sociali, venivano vissute con attesa da chi era escluso dal banchetto.
Le sue proposte fornivano una alternativa alle teorie del grande balzo in avanti, dei piani quinquennali, dello stakanovismo equalitario proposti dal campo socialista. Insomma meglio concentrarsi sui comparti economici più promettenti che sperare in un avanzamento generalizzato dell'insieme della società.
In definitiva l'aumento delle diseguaglianze, ben lungi dall'essere un inconveniente insopportabile, era solamente un fatto inevitabile destinato ad essere riassorbito nel lungo periodo, esattamente come nell'ingorgo del tunnel anche la vostra fila ad un certo punto inizia a scorrere.
E se guardiamo la storia di questi anni vediamo chiaramente come questo effetto tunnel abbia funzionato, garantendo una pace sociale maggiore di quanto non sarebbe stato lecito aspettarsi, considerati i sommovimenti che hanno interessato ad esempio società a base fortemente equalitaria come quella cinese, o società come quella indiana dove posizione e futuro erano stati predeterminati per secoli dall'appartenza ad una casta.
E tuttavia, ammoniva Hirschman, ad un certo punto l'effetto positivo cessa, perché se la vostra fila non si muove, o il differenziale di scorrimento è troppo alto, qualcuno proverà a spostarsi nella fila più veloce, con i conseguenti problemi di sicurezza, e chi è rimasto imbottigliato nella fila sbagliata sarà sempre più frustrato.
L'impressione è che la storia dei prossimi anni sarà in misura sempre maggiore la storia di chi è rimasto nella fila sbagliata.
A Tunisi come in Egitto il tema è assai chiaro: un paese che ad un certo punto ha bloccato le prospettive per interi settori della società. Ed è assai probabile che lo stesso stia accadendo in gran parte dei paesi che in questi ultimi anni sono usciti dal sottosviluppo. Usciti dal sotto sviluppo ma con uno stock di diseguaglianze considerevole e probabilmente sempre meno trattabile: nel 1990 si stimava che 93% dei poveri del mondo vivevano nei paesi meno sviluppati, oggi 3/4 di questi vivono in paesi mediamente sviluppati.
Certo, in molti casi funziona ancora l'effetto tunnel, e saranno ancora in tanti a pensare che si tratti solo di aspettare il proprio turno, a Luanda come a Guangdong, e tuttavia ci sono chiari segnali che una parte crescente pensa che quel turno non verrà mai. E del resto come dargli torto: anche nei paesi più industrializzati ad una fase di espansione e diffusione della ricchezza, è seguita una fase di concentrazione. Ed oggi la differenza fra chi guadagna molto e chi guadagna poco è aumentata rispetto a 40 anni fa, e le promesse di mobilità sociale sono state mantenute solo in piccola parte, se è vero che il grosso della mobilità è avvenuta per un solo gradino della scala, come dimostra ad esempio in Italia una ricerca della Banca d'Italia.
Insomma nel tunnel le cose non sono andate come speravamo e le file stanno scorrendo con una differenza di velocità sempre maggiore. Sarà bene fare attenzione perché più alte sono le velocità, più disastrosi rischiano d'essere gli incidenti.

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