Qualche tempo fa un mio vecchio amico, Igor Felice, cooperante in Mozambico, a proposito dei disordini che avevano visto le fasce più povere della popolazione di Maputo scendere in piazza, commentava amaramente "oltre alla povertà assoluta bisognerebbe combattere anche la ricchezza assoluta".
Igor ha ragione. La sua non è un'iperbole necessaria a dimostrare le terribili condizioni dei poveri dell'Africa ma una osservazione ovvia dal suo punto di osservazione. La dove il contrasto fra le elite ricche e l'insieme della popolazione povera è particolarmente evidente, la ricchezza dà scandalo come se non più della povertà.
Dà scandalo perché non solo quelle ricchezze sono spesso strettamente connesse alle povertà, ma anche perché è spesso la ricchezza o il miraggio della richezza che trasforma la povertà in miseria.
E' il tema antico dell'eguaglianza, tanto caro ai movimenti socialisti ad inizio 900', che sta riprendendo vigore e che trova eco anche in quartieri insospettabili se è vero che in un suo discorso del 2009 il conservatore David Cameron si è trovato a dire "We all know, in our hearts, that as long as there is deep poverty living systematically side by side with great riches, we all remain the poorer for it." (sappiamo tutti, nei nostri cuori, che fintanto che esisterà povertà profonda che vive sistematicamente a fianco di grandi ricchezze, saremo tutto più poveri per questo).
Da molti anni il tema della lotta alla povertà costituisce una delle parole d'ordine delle nazioni unite tanto da essere il primo degli 8 obbiettivi stabiliti nella dichiarazione firmata dai membri delle Nazioni Unite nel 2000. Ed è senza dubbio un obbiettivo giusto per ridurre le sofferenze e le angosce che impediscono uno sviluppo armonioso della società, e tuttavia perdono di vista un secondo aspetto, ovvero che una parte significativa di angosce prodotte dalla povertà non deriva solamente dalla incapacità di avere qualche cosa da mettere nel piatto la sera, ma dalla propria posizione nella società e fra i propri simili. Insomma è la povertà che vive a fianco delle ricchezze che produce infelicità.
E' la tesi sviluppata da un libro uscito l'anno scorso The Spirit Level: Why Equality is Better for Everyone, uscito in Italia come "La Misura dell'Anima: perche le diseguaglianze rendono le societa piu infelici" di Richard Wilkinson e Kate Pickett.
Nel libro gli autori, utilizzando la grande mole di dati statistici disponibili in più campi, dalla medicina alla criminalità, dalle statistiche sulla fiducia a quelle sullo stress, dimostrano quanto la patologia non sia tanto la povertà assoluta, ma il grado di diseguaglianza esistente nelle società, e come gli effetti di questa patologia non si riperquotano solo sulla parte più povera, ma sull'insieme della società.
Insomma, l'uguaglianza non è più una aspirazione di quella parte della società che marciando cantava "noi vogliamo l'uguaglianza, ci chiamavan malfattori, ma noi siam lavoratori e padroni non vogliam", ma diventa l'aspirazione di tutta la società, perché abbiamo diritto alla ricerca della felicità.
Ed allor ha ragione Igor, oltre alla povertà combattiamola questa ricchezza assoluta.
Igor ha ragione. La sua non è un'iperbole necessaria a dimostrare le terribili condizioni dei poveri dell'Africa ma una osservazione ovvia dal suo punto di osservazione. La dove il contrasto fra le elite ricche e l'insieme della popolazione povera è particolarmente evidente, la ricchezza dà scandalo come se non più della povertà.
Dà scandalo perché non solo quelle ricchezze sono spesso strettamente connesse alle povertà, ma anche perché è spesso la ricchezza o il miraggio della richezza che trasforma la povertà in miseria.
E' il tema antico dell'eguaglianza, tanto caro ai movimenti socialisti ad inizio 900', che sta riprendendo vigore e che trova eco anche in quartieri insospettabili se è vero che in un suo discorso del 2009 il conservatore David Cameron si è trovato a dire "We all know, in our hearts, that as long as there is deep poverty living systematically side by side with great riches, we all remain the poorer for it." (sappiamo tutti, nei nostri cuori, che fintanto che esisterà povertà profonda che vive sistematicamente a fianco di grandi ricchezze, saremo tutto più poveri per questo).
Da molti anni il tema della lotta alla povertà costituisce una delle parole d'ordine delle nazioni unite tanto da essere il primo degli 8 obbiettivi stabiliti nella dichiarazione firmata dai membri delle Nazioni Unite nel 2000. Ed è senza dubbio un obbiettivo giusto per ridurre le sofferenze e le angosce che impediscono uno sviluppo armonioso della società, e tuttavia perdono di vista un secondo aspetto, ovvero che una parte significativa di angosce prodotte dalla povertà non deriva solamente dalla incapacità di avere qualche cosa da mettere nel piatto la sera, ma dalla propria posizione nella società e fra i propri simili. Insomma è la povertà che vive a fianco delle ricchezze che produce infelicità.
E' la tesi sviluppata da un libro uscito l'anno scorso The Spirit Level: Why Equality is Better for Everyone, uscito in Italia come "La Misura dell'Anima: perche le diseguaglianze rendono le societa piu infelici" di Richard Wilkinson e Kate Pickett.
Nel libro gli autori, utilizzando la grande mole di dati statistici disponibili in più campi, dalla medicina alla criminalità, dalle statistiche sulla fiducia a quelle sullo stress, dimostrano quanto la patologia non sia tanto la povertà assoluta, ma il grado di diseguaglianza esistente nelle società, e come gli effetti di questa patologia non si riperquotano solo sulla parte più povera, ma sull'insieme della società.
Insomma, l'uguaglianza non è più una aspirazione di quella parte della società che marciando cantava "noi vogliamo l'uguaglianza, ci chiamavan malfattori, ma noi siam lavoratori e padroni non vogliam", ma diventa l'aspirazione di tutta la società, perché abbiamo diritto alla ricerca della felicità.
Ed allor ha ragione Igor, oltre alla povertà combattiamola questa ricchezza assoluta.
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