Qualche giorno fa in una intervista in cui illustrava le strategie della città per il 2020, il sindaco di Firenze, ad una domanda relativa ad una stella a cinque punte apparsa su un muro dopo la sua presa di posizione pro Marchionne sulla vicenda fiat, rispondeva: «Al di là del simbolo odioso c´è un fatto politico. Se noi non portiamo gli investimenti sul territorio, l´Italia diventa una Disneyland per i nuovi ricchi. Non voglio che la prospettiva per i nostri figli sia quella tra l´essere cassintegrati e disoccupati. Non voglio che facciano i badanti ai cinesi».
Le parole di Renzi sottolineano l'impegno necessario a far si che Firenze mantenga ed anzi espanda la sua capacità di essere uno dei principali poli manifatturieri di una Italia che continua a produrre, e non penso che sia giusto ne legittimo attaccarci altri significati.
Tuttavia mi hanno fatto venire in mente dei possibili sottotesti che, come talvolta accade nella comunicazione, ne possono rafforzare l'impatto, avventurandosi però in aree pericolose e rischiando di eccitare sentimenti che sarebbe meglio lasciar da parte.
Per capirsi: saranno i nostri figli ad emigrare in una Cina superpotenza mondiale o saranno i cinesi che qua vivono che, grazie al loro successo economico, e comprandosi pezzi di Firenze, diverranno i nuovi padroni della città?
Sono due sottotesti affatto diversi ma ambedue pronti a scatenare l'immaginazione, nel primo caso ritornano in mente i bastimenti che portarono gli italiani nell'emigrazione, solo che questa volta anziché ad nelle americhe o nel nord europa sarebbe l'est la meta dei nuovi emigranti. A fare in Cina quello che filippini, slavi, cingalesi fanno da noi. E ci immaginiamo le sere del giovedì a Pechino, con i nostri figli nelle vie e piazze che sceglieranno come ritrovo, come la piazza santa Maria novella o via Palazzuolo a Firenze.
C'è un particolare però: è vero che la storia economica della Cina moderna è straordinaria, con 600 milioni di persone che sono uscite dalla povertà, e tuttavia ad oggi ancora ci sono 250 milioni di cinesi che vivono in povertà assoluta, che vivono cioè con meno di $1,25, come ci ricorda la World Bank, per non parlare del fatto che la Cina è ancora esportatrice di mandopera. Con tutta probabilità sarà fra loro che ancora per un po' i ricchi cinesi cercheranno badanti e lavoratori a basso costo prima di assumere i nostri figli. Per non parlare della possibilità che vengano da altre zone del continente asiatico dove povertà e sottosviluppo offrono poche alternative all'emigrazione verso le zone ricche del continente.
Insomma se ci saranno sempre più occidentali che finiranno a lavorare in Cina, probabilmente questo interesserà ancora per molto soggetti ad alta ed altissima professionalità.
Ma è la seconda ipotesi che ha un sottotesto più pericoloso ed è bene essere puntigliosi perché rischiano di portare acqua a chi ritiene l"italianità" come un dato definito da cultura e perché no colore della pelle: chi vive, lavora, paga le tasse in un paese, magari essendoci pure nato, deve essere considerato cittadino a tutti gli effetti e se il suo successo economico gli consentirà di avere badanti con nonni fiorentini, beh ben per lui...
Certo conosciamo tutti le battute sulla chinatown pratese, su san donnino ribattezza chan don nin, come sono note le tensioni che hanno accompagnato l'affermazione della comunità cinese nel distretto della pelletteria, ed è certo che questa affermazione ha probabilmente le sue ombre. Ma mentre le battute sono spesso più divertenti se infragono il politically correct, le ombre vanno affrontate solo vedendo quali sono i punti deboli del contesto legale e rafforzandolo.
Un ultimo aspetto: penso che in un mondo migliore dovrebbe essere possibile che il lavoro dei badanti sia pagato dignitosamente, tanto che per molti sia una scelta, non l'unica prospettiva aperta in società dove i poveri sono poveri di tutto, anche di futuro.
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